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Serata su Papa Francesco al cinema “S. Amanzio” di Travedona

Amiche e Amici, venerdì sera, 19 ottobre, alle 20,30 al cinema “S. Amanzio” c’è un appuntamento molto importante. E’ una serata dedicata interamente a Papa Francesco con la presentazione del libro FAKE POPE di Roberto Beretta e Nello Scavo (sarà presente Roberto Beretta, uno degli autori del volume) e a seguire la proiezione del film PAPA FRANCESCO, UN UOMO DI PAROLA di Wim Wenders, uno dei registi contemporanei più celebrati. E’ un’occasione imperdibile per capire a fondo le ragioni del successo di un Papa che sta “rivoluzionando” la Chiesa cattolica. Non solo, ma anche per comprendere le pesanti accuse che gli oppositori di Bergoglio rivolgono a un Papa tanto “scomodo”.

FAKE POPE, LE FALSE NOTIZIE SU PAPA FRANCESCO

Bergoglio è il pontefice più calunniato della storia? E – se è così – per quale motivo? C’è un “complotto dietro le accuse che gli vengono scagliate contro, oppure si tratta solo della reazione di chi non sopporta un papa così innovativo? Di bugie sulla figura di papa Francesco ne girano parecchie, suscitano reazioni, ma nessuno finora le ha catalogate e investigate in modo da tracciarne un filo logico, e magari tentare di smascherare i mandanti (tra cui multinazionali, banche, guerrafondai e sacri palazzi) della “macchina del fango”. Gli autori hanno raccolto 80 delle principali accuse al Papa, in chiave di controinchiesta punto per punto: i rapporti con le dittature dell’America latina, la massoneria, il Conclave manipolato, le accuse di “eresia”, le nomine sbagliate, i rapporti con la Curia, la mediaticità, gli scandali e anche le gaffes… Senza dimenticare che le fake news sul Papa riportano al centro il tema della verità, tanto caro al cristianesimo: se la notizia è il “verbo” contemporaneo, la falsa notizia è la voce del “diavolo”. E distinguere menzogna e verità è compito di chi ancora vede nel giornalismo una missione.

PAPA FRANCESCO, UN UOMO DI PAROLA

Il lavoro di Wenders vuole essere un percorso personale con Papa Francesco e non un documentario biografico. Le idee del pontefice e il suo messaggio sono centrali grazie al materiale di archivio ma soprattutto a quattro lunghe interviste condotte nell’arco di due anni. Avvicinato dal Vaticano già nel 2013, Wim Wenders dichiara di avere avuto una completa libertà nell’elaborazione del progetto, ivi compresa quella del montaggio finale e dell’accesso all’archivio foto e video del Vaticano. Tutto ciò gli ha consentito di operare così come solo i veri Maestri sanno fare: tenendosi un passo indietro. Molti, vedendo questo documentario, potranno porsi una domanda legittima: dov’è la mano di Wenders in tutto ciò? La risposta sta nell’avere consentito alla figura di Francesco e soprattutto al suo pensiero di emergere con una semplicità che si rivela come saggezza nel leggere la contemporaneità alla luce dell’autenticità del Vangelo. Non a caso Wenders apre con le immagini di Assisi e ritorna in più occasioni sulla vita di quel rivoluzionario (parola che non bisogna temere, dice Bergoglio) di cui questo 266esimo pontefice ha assunto per la prima volta il nome. Papa Francesco, nei colloqui e nel materiale di repertorio, affronta un’ampia gamma di temi senza mai sottrarsi e facendo della chiarezza delle posizioni assunte nelle varie materie, un punto di forza. Che però non si traduce mai in chiusura o in rifiuto del dialogo. Wenders ci conferma ogni volta che la fede (come affermava un altro importante sacerdote, David Maria Turoldo) non la si propaganda ma la si vive e se la si vive si propaganda da sé.

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Domenica 14 ottobre la tradizionale marcia per la Pace ai Giardini Estensi di Varese

Amiche e Amici,

anche quest’anno, cogliendo l’invito di “Religions for Peace”, “I care” sostiene la marcia della Pace. Faremo una bella camminata insieme per le vie di Varese e condivideremo nella magica atmosfera dei Giardini Estensi dei momenti di preghiera e riflessione fra sette fedi religiose: Baha’i, Buddisti, Cristiani, Ebrei, Induisti, Musulmani e Sikh.

Vi aspettiamo dalle 14.00 ai Giardini di Varese (ingresso Comune) pronti per partire verso le 14.45 per le vie del centro e ritornare ai Giardini intorno le 15,30 dove le varie tradizioni religiose faranno dei brevi interventi sul tema della marcia: “Per una cultura del dialogo”. A seguire un piccolo momento artistico e la possibilità di dialogare con i vari rappresentanti.

 

Di seguito il comunicato che spiega il tema di quest’anno della marcia

 

 

 

 

 

 

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Don Milani, profeta con i piedi per terra

Domenica 15 aprile presso il cineteatro “S. Amanzio” di Travedona, a partire dalle ore 15 si terrà un pomeriggio dedicato a don Lorenzo Milani, “un profeta con i piedi per terra”. Il programma è particolarmente ricco: l’incontro si aprirà con un saluto di mons. Agnesi, a cui seguirà un momento di testimonianza, riflessione e dibattito con Agostino Burberi, già allievo di don Milani a Barbiana, Marco Vergottini, teologo, don Alessandro Andreini della comunità di S. Leolino, Paolo Cesari, delle edizioni Orecchio Acerbo (che hanno recentemente pubblicato un bellissimo fumetto sul priore di Barbiana) Alberto D’Incà, professore di Patrologia, e Giovanni Chinosi dell’associazione “Cittadini del Mondo”.

Mostra

In sala sarà esposta la mostra con le tavole del fumetto “Il maestro” magistralmente illustrate da Simone Massi. La mostra, a partire da lunedì, sarà allestita nell’atrio delle scuole medie di Travedona Monate, a diretto contatto con i ragazzi.

Teatro

Sarà presentato in anteprima alle 17,30 anche lo spettacolo “Lettera a una professoressa” monologo drammatico di e con Nicola Tosi. Una messa in scena particolare impreziosita dalle musiche di Valentin Mufila. Il progetto è stato finanziato dall’associazione I care” e dalla Fondazione Comunitaria del Varesotto. Ingresso gratuito.

Cinema

Sempre alla sala della comunità “S. Amanzio”, giovedì 19 alle 21, proiezione di “Barbiana ’65, la lezione di don Milani” di Alessandro G. A. D’Alessandro, il film documentario più ricco sull’esperienza della scuola di Barbiana. Ingresso: 5 e 3 euro.

 

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Film + concerto + aperitivo = Ciak si suona!

In attesa di TACALASPINA music street festival, che si terrà a Besozzo sabato 9 giugno, abbiamo pensato in questa fresca primavera di scaldare i motori con un’iniziativa che, ci auguriamo, sarà di vostro gradimento.

Si tratta di “CIAK, SI SUONA” una formula inedita che vuole coniugare insieme cinema, musica (live) e cibo. Cinema e cibo sono stati il “piatto” forte del CENAforum, una nostra invenzione che ha trovato fortuna tra il pubblico e imitatori anche in altri contesti.

Ora il gioco si fa ancora più difficile. Si tratta di miscelare tre ingredienti che, da spettatori, siamo solitamente abituati a fruire in contesti separati tra loro. Noi di I CARE vogliamo invece mixarli in maniera accattivante per creare qualcosa di nuovo che ci spinge a uscire di casa e a vivere la domenica pomeriggio in maniera originale e divertente.

Sono tre le domeniche (8 e 22 aprile e 6 maggio) in cui al cnema “S. Amanzio”, alle 16,30, verrà proiettato un cinecult musicale a cui faranno seguito una performance musicale dal vivo e un succulento aperitivo, entrambi “in tema” col film. Il tutto a un prezzo contenuto (10 euro per film + concerto; aperitivo a seconda della consumazione). L’ingresso è riservato ai soci I CARE ed è quindi obbligatoria la tessera 2018 (10 euro).

Ecco il programma:

8 aprile – WHIPLASH (2014) del regista premio Damien Chazelle, premio Oscar per “La la land”. Una storia inquietante in cui il protagonista, un giovane batterista jazz, viene ossessionato dal suo insegnante, un diabolico J. K. Simmons che sembra uscito direttamente da “Full metal jacket”. A seguire concerto jazz del quartetto del batterista Marco Mengoni. Menu ispirato a New Orleans, la città culla del jazz.

22 aprile – AMERICAN GRAFFITI (1973) di George Lucas (regista ricordato spesso, a torto, solo per “Star wars”) offre invece un ritratto malinconico e affettuoso dei primi Anni Sessanta, l’epoca d’ora del rock’n’roll. Proprio il rockabilly sarà protagonista del live set dei “The Goose Bumps”, formazione frizzante e coinvolgente, che vi farà scatenare sull’onda di intramontabili evergreen. Cosa gustare se non il più classico dei menu a stelle e strisce? hamburger e…

6 maggio – THE BLUES BROTHERS (1980). Qui siamo di fronte al mito per eccellenza dei film musicali. Il capolavoro demenziale di John Landis con John Belushi e Dan Aykroyd, i due fratelli che hanno cambiato per sempre il nostro immaginario cinematografico e lanciato il blues e il soul verso successi impensabili. Il misterioso “One horse band” ci rapirà con il suo blues sbilenco e ruspante. Per indovinare il menu vi basterà ricordare cosa ordinano i fratelli Blues ad Aretha Franklin…

Obbligatoria la prenotazione al 331-2072100

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Tacalaspina “trasloca” a Besozzo. Il “perché” lo avevamo già spiegato (bene) l’anno scorso

In questi giorni è uscito un comunicato del Comune di Travedona Monate (pubblicato poi dal quotidiano “La Prealpina” in data 20 febbraio) che è a dir poco lacunoso e fuorviante nel raccontare i fatti riguardo a ‘Tacalaspina’. L’unica affermazione corretta è: “la decisione di spostare la festa in altro paese è stata presa esclusivamente dall’associazione ‘I care’”. Così è, infatti.

Ma la domanda a cui bisognerebbe rispondere, e che sta a cuore a tutti, è questa: “Perché ‘Tacalaspina’ trasloca a Besozzo?”.

I rapporti si erano guastati l’anno scorso con le accuse del Comune di Travedona Monate ad “I care”

La risposta all’amministrazione l’avevamo già data l’anno scorso quando (dopo una lettera indirizzata all’associazione in cui, tramite il segretario comunale, si contestava in maniera inopportuna ad ‘I care’ tutta una serie di questioni), l’associazione rispondeva in maniera puntuale con una lettera del 19 aprile 2017 (protocollata), in cui si affermava chiaramente che: “… non sussistono più né i modi né i tempi per una buona e costruttiva collaborazione tra noi di I CARE e l’amministrazione comunale di Travedona Monate per la realizzazione, nella data stabilita (sabato 27 maggio 2017), del music street festival Tacalaspina. (…)

Stante questo atteggiamento ostile da parte dell’amministrazione comunale, non possiamo più impegnarci nell’organizzazione di “Tacalaspina music street festival”.

L’associazione “I CARE” … ritiene che l’atteggiamento ostile da parte dell’amministrazione impedisca di fatto qualsiasi collaborazione futura nell’organizzazione di “Tacalaspina”.

Il comune non ha mai fatto un passo indietro, né ha chiesto pubblicamente scusa

Ad oggi, 20 febbraio 2018, non sono mai pervenute ad ‘I care’ scuse o smentite da parte dell’amministrazione comunale e quindi la nostra posizione resta quella. Espressa con largo anticipo. Già da aprile 2017 ‘I care’ aveva deciso, qualora fossero continuati i rapporti conflittuali, di non collaborare più con il Comune di Travedona Monate per quanto riguarda l’organizzazione di ‘Tacalaspina’. Quindi tra non fare più la manifestazione (com’è avvenuto l’anno scorso) oppure farla da un’altra parte, l’associazione ‘I care’ ha scelto la seconda ipotesi.

Un paio di doverose precisazioni

Inoltre ci preme sottolineare due cose:

1 – ‘I care’ era presente con ben due rappresentanti del direttivo alla riunione delle associazioni del 21 novembre 2017 a cui fa riferimento il comunicato del Comune (e dal quale si potrebbe intendere che ‘I care’ non fosse presente). In seguito i rapporti con l’amministrazione di Travedona Monate non sono continuati semplicemente perché è stato deciso dal direttivo di ‘I care’ di organizzare ‘Tacalaspina’ a Besozzo, sabato 9 giugno. Decisione comunicata al Comune di Travedona Monate a dicembre 2017 (con lettera protocollata). Era quindi inutile incontrarsi.

2 – la festa patronale di san Vito (che è il 15 giugno) verrà festeggiata il weekend del 16-17 giugno come chiaramente stabilito da calendario ufficiale e non il 9-10 giugno come invece sostiene l’amministrazione comunale. Ci auguriamo sia stata solo una svista. Sarebbe imperdonabile che i nostri amministratori non sappiano quando è la festa patronale.

Tutta la vicenda di cui sopra è chiaramente documentata in questo sito all’indirizzo:

http://www.icareassociazione.it/category/i-care/page/2/

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Ciao Michele, esempio di laicità fino all’ultimo

Oggi hai raggiunto don Lorenzo nel Paradiso dei Giusti.
Un abbraccio da tutti quelli che, come te, sono “figli” di don Milani.

FIRENZE: E’ MORTO MICHELE GESUALDI, EX ALLIEVO DI DON MILANI, GIA’ PRESIDENTE PROVINCIA =

Firenze, 18 gen. (Adnkronos) – È morto Michele Gesualdi, ex allievo di don Lorenzo Milani alla Scuola di Barbiana, già presidente della Provincia di Firenze dal 1995 al 2004. Aveva 74 anni. Pur non avendo più ricoperto cariche amministrative è rimasto membro del Partito Democratico in Toscana, abbandonando l’attività politica in seguito all’insorgere della Sla.

Nei mesi scorsi Gesualdi ha scritto una lettera aperta ai presidenti delle due Camere esortandoli ad affrettare l’iter burocratico per la legge al riguardo del testamento biologico. Due mesi fa è nato un comunicato popolare a sostegno della sua richiesta con lo slogan “Fate presto” per chiedere l’approvazione del biotestamento che è poi avvenuto a dicembre. (segue)

 

(Adnkronos) – Nella lettera, resa nota pubblicamente a novembre, Franco Gesualdi aveva raccontato la sua malattia lanciando un appello: “Fate presto, non voglio essere torturato”. Parole che hanno fatto nascere un comitato e un hashtag che in pochi giorni trovò sostenitori da ogni parte d’Italia

“La Sla è una malattia spaventosa, al momento irreversibile e incurabile – scriveva Gesualdi nella lettera – avanza, togliendoti giorno dopo giorno un pezzo di te stesso: i movimenti dei muscoli della lingua e della gola, che tolgono completamente la parola e la deglutizione, i muscoli per l’articolazione delle gambe e delle braccia, quelli per il movimento della testa, e respiratori e tutti gli altri. Alla fine rimane un scheletro rigido come se fosse stato immerso in una colata di cemento. Solo il cervello si conserva lucidissimo insieme alle le sue finestrelle cioè gli occhi, che possono comunicare luce ed ombre, sofferenza, rammarico per gli errori fatti nella vita, gioia e riconoscenza per l’affetto e la cura di chi ti circonda”.

L’esperienza avuta da Gesualdi come allievo della scuola di Barbiana lo ha portato in seguito a creare la Fondazione Don Milani e anche a scrivere dei libri: “Don Lorenzo Milani: l’esilio di Barbiana” (San Paolo Edizioni, 2016); “Don Lorenzo Milani La parola fa eguale” (Libreria Editrice Fiorentina, 2005); “Il ponte di Luciano” (Libreria Editrice Fiorentina, 2008); “Il Catechismo di don Lorenzo Milani” (Libreria Editrice Fiorentina, 1983). Ha curato anche il volume “Lettere di don Lorenzo Milani priore di Barbiana” (San Paolo Edizioni, 2007).

(Adnkronos) – Nel settembre 2013, come presidente della Fondazione don Lorenzo Milani, Michele Gesualdi scrisse a Papa Francesco per chiedergli, in occasione del novantesimo anniversario della nascita di don Lorenzo Milani, di esplicitare la decadenza formale del provvedimento del Santo Uffizio contro il libro “Esperienze pastorali” che nel dicembre 1958 ne ordinò il ritiro dal commercio perché inopportuna la lettura.

Un appello che Papa Francesco accolse. Nell’aprile 2014 il cardinale Giuseppe Betori, arcivescovo di Firenze, rese noto che la Congregazione della Dottrina per la Fede (ex Sant’Uffizio) considerava superato il provvedimento su “Esperienze Pastorali”.

“È una notizia che mi riempie di gioia – commentò Gesualdi – perché cade ogni ombra della Chiesa sull’operato di don Lorenzo Milani e la Chiesa lo abbraccia definitivamente considerando il suo libro ‘patrimonio del cattolicesimo italiano e in particolare della Chiesa fiorentinà. Siamo grati al Cardinale Betori per il notevole contributo dato per questo riconoscimento che per ben quattro volte, nell’arco di questi 56 anni, era stato richiesto”. Nel giugno scorso Papa Francesco si è recato a Barbiana per commemorare don Milani nel
50esimo anniversario della morte.

(Adnkronos) – Lo scorso 20 giugno, in occasione della storica visita del Papa a Barbiana, Michele Gesualdi ebbe un incontro a porte chiuse con Francesco nella cucina della canonica, che si concluse con un abbraccio tra i due.

Michele Gesualdi era nato a Bovino (Foggia) il 21 dicembre 1943. Quando era bambino, Michele Gesualdi fu strappato a un orfanotrofio da don Lorenzo Milani, del quale sui banchi della scuola di Barbiana divenne l’allievo prediletto. Michele fu uno dei primi sei allievi del priore di Barbiana.

 

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Un progetto di accoglienza per la nostra comunità

Tripoli, chiesa di San Francesco

 

Nei primi giorni di settembre alla Caritas parrocchiale si sono presentate due persone: Anthony e Vida Biney, una coppia Ghanese arrivata il 22 agosto in Italia dalla Libia con un visto turistico e il desiderio di rifarsi una vita dignitosa.

Hanno vissuto per 23 anni a Tripoli esercitando la professione di insegnanti in una scuola per stranieri. Negli ultimi tre anni la scuola non ha elargito più gli stipendi e non ha offerto più alcuna garanzia a chi vi insegnava, né agli studenti. Le condizioni di vita in Libia sono molto peggiorate in questi anni, ogni spostamento è divenuto pericoloso e i loro risparmi si sono volatilizzati.

Anthony e Vida facevano parte della comunità cristiano-cattolica di Tripoli dove erano impegnati attivamente, soprattutto come coppia guida nei percorsi di preparazione al matrimonio e nel sostegno ai bisognosi, ma per loro le condizioni si sono fatte via via più difficili, per cui hanno investito gli ultimi averi in questo viaggio in Italia.

La possibilità di ritornare in Ghana per Anthony è complicata a causa della sua appartenenza ad una famiglia importante, coinvolta in faide di potere territoriale, che hanno determinato la perdita del padre e del fratello. Nei due tentativi di ritorno nel suo Paese, ha dovuto scappare per non incorrere nella stessa fine. A lui non interessano queste faide, ma per gli altri lui rappresenta un pericolo.

Poiché non erano a conoscenza delle leggi italiane, appena atterrati a Malpensa, sono andati in un motel dove sono rimasti per alcuni giorni senza sapere come muoversi. Quando hanno incontrato la Caritas parrocchiale ed hanno potuto avere un colloquio informativo, era ormai troppo tardi per una richiesta d’asilo con sostegno, e con il visto turistico non avevano alcun’altra possibilità di rimanere oltre la scadenza. Così dopo vari colloqui e consigli, è stata fatta la richiesta d’asilo, ma senza il diritto di rientrare nel circuito dell’accoglienza.

Attualmente sono ospitati temporaneamente presso una famiglia di Travedona ed attendono il rilascio di un documento che gli consentirebbe di avere il codice fiscale e quindi di fare un contratto di comodato per un piccolo appartamento messo gratuitamente a disposizione da parte di un privato.

Già questi gesti sono un segno di come la nostra comunità si possa attivare nell’accoglienza, in maniera semplice e spontanea e ci invitano a partecipare a questa esperienza fraterna. Visto che non hanno alcun sostegno da parte dello stato, se non a livello sanitario, la Comunità Pastorale e l’associazione “I Care” si sono rese disponibili a sostenere questa coppia confidando anche sulla vostra partecipazione.

Per chi volesse incontrarli può chiamare il 347 95 90 670
Per chi volesse contribuire per il loro sostentamento, potete rivolgervi alla Caritas di Travedona, oppure fare un bonifico all’associazione I Care, indicando nella causale “progetto Anthony e Vida” IBAN IT17X05 0180 1600 0000 1138 1084 Banca Etica.
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Domenica 26 novembre al teatro “S. Amanzio” di Travedona “Similmente diversi” per dialogare tra le fedi

 

Chiuso il trittico di film sul dialogo interreligioso, “Fedi in gioco” ospita al cineteatro S. Amanzio “Similmente diversi – Come la fede aiuta a cogliere la bellezza della diversità avvicinando popoli e culture”, non una conferenza, ma un modo d’incontrare esperienze di persone che si trovano a vivere in condizioni a volte molto difficili, una posizione di minoranza, culturale o religiosa. Vi aspettiamo

 

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Venerdì 24 novembre alla sala “La Marna” di Sesto Calende incontro con le scuole sul tema della violenza contro le donne

 

 

Il nostro progetto, dal titolo LA LIBERTA’ NELLE REGOLE, ha ottenuto un importante contributo da parte della Fondazione “La Sorgente” e avrà come obiettivo di sensibilizzare gli studenti su temi oggi fondamentali come la violenza di genere, il cyberbullismo e la corruzione. Temi nei confronti dei quali gli studenti saranno chiamati a prendere una posizione critica che permetta loro di apprezzare la legalità e il rispetto delle regole, come luoghi in cui sentirsi liberi e non oppressi. Il progetto debutterà venerdì 24 novembre, alle ore 9.30, presso la sala “La Marna” di Sesto Calende con un’importante conferenza dal titolo “La violenza contro le donne”. Interverranno: Marilena Guglielmetti (criminologo investigativo), Nicoletta Romanelli (Psicologa e psicodiagnosta), una donne vittima di violenza seguita dall’associazione “Donna si- cura”, un ufficiale dell’Arma dei Carabinieri.

Art. 3 della Costituzione: “tutti gli uomini sono uguali”

Il progetto, in occasione dei settant’anni della nostra costituzione (li compirà il 27 dicembre prossimo), prendendo spunto dall’art. 3 («Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese») vuole focalizzare l’attenzione su due macro-temi, oggi di grande attualità: la violenza di genere e la corruzione. Problemi che, nella realtà quotidiana, smentiscono clamorosamente l’art. 3. Infatti le vittime, sia di violenza che di ricatti economici, vivono una condizione di debolezza e di sudditanza che le rende particolarmente fragili ai fenomeni criminali. La violenza di genere e la corruzione sono intesi quali aspetti di una medesima modalità d’agire ai fini della sopraffazione del più debole, nonché sintomi di grave fragilità etica e culturale.
Il nostro progetto è di conseguenza diviso in due parti: una prima che avrà come focus la violenza di genere e il cyberbullismo e una seconda che, nella seconda parte dell’anno scolastico, metterà al centro il tema della corruzione e della legalità.

Prossimo appuntamento

Il 5 dicembre, all’auditorium Gavirate, ore 8.45 e, successivamente, ore 11.15, alla sala “La Marna”, Sesto Calende, secondo incontro con le scuole dal titolo “La violenza corre on line”. Intervengono: Paolo Picchio (papà di Carolina, vittima di cyberbullismo), Marilena Guglielmetti (criminologo investigativo), Roberta Donati (associazione “No violenza donna)

Finalità educative del progetto

Il Progetto LA libertà nelle regole vuole responsabilizzare i ragazzi delle scuole sui fenomeni di cui sopra che spesso vengono sottovalutati o minimizzati, amplificandone quindi la pericolosità. Solo una coscienza critica da parte dei ragazzi nell’uso dei social media, nel rispetto delle regole e delle diversità, si potranno contenere, ed eventualmente denunciare, situazioni potenzialmente criminose.

I nostri partner

Partecipano al progetto le seguenti scuole: IC comprensivo “G. Leva” di Travedona Monate, IC “G. Ungaretti” di Sesto Calende, ISIS “E. Stein” di Gavirate, IIS “Dalla Chiesa” di Sesto Calende, altri Istituti Comprensivi dei Comuni dell’Alto Varesotto. Tutte le scuole interessate fanno parte della rete CPL – Centro Permanente di promozione della Legalità con sede presso il Liceo “Crespi” di Busto Arsizio. Le classi interessate saranno le terze delle scuole secondarie di primo grado e quelle delle scuole secondarie di secondo grado. Inoltre: A.C.L.I. di Gavirate, Comune di Gavirate, Comune di Besozzo, Comune di Comerio, Associazione “Donna sicura”, A.N.P.I. di Sesto Calende.

 

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Michele, noi di I CARE siamo tutti con te

Pubblichiamo le lettere che l’amico Michele Gesualdi, già allievo di don Lorenzo Milani e presidente della Provincia di Firenze, nonché presidente della Fondazione don Milani, ha indirizzato dapprima ai presidenti di Camera e Senato e, poi, in risposta a Michele Gigli presidente del “Movimento per la Vita” sulle pagine del quotidiano cattolico “Avvenire”. Pensiamo che il pensiero di Michele, riguardo alla legge sul fine vita, possa essere condiviso da molti di noi, cattolici e non.

Da tre anni la Sclerosi laterale amiotrofica lo consuma, lo «tortura», lo ha trasformato «in un scheletro rigido come se fosse stato immerso in una colata di cemento». Ma la sua mente, i suoi occhi, sono sempre gli stessi. Così, Michele Gesualdi, ha deciso di scrivere ai presidenti della Camera e del Senato, Laura Boldrini e Piero Grasso, e a tutti i presidenti dei gruppi parlamentari, per implorarli ad accelerare l’approvazione della legge sul testamento biologico. Due volte presidente della Provincia di Firenze, storico sindacalista Cisl, Gesualdi è stato uno dei primi sei allievi della scuola di don Milani, a Barbiana. Fu il prediletto di Don Lorenzo, ancora oggi presidente della Fondazione che ne porta testimonianza. «Mio babbo è un cattolico di ferro — spiega la figlia Sandra — aveva scritto la lettera da mesi ma non l’aveva voluta spedire perché aveva paura di creare compassione e soprattutto paura di essere strumentalizzato. Per lui volontà e dignità della persona devono essere al centro di tutto. Ma la sua lettera non è nel modo più assoluto un’apertura all’eutanasia». Michele Gesualdi, nella lettera, racconta il suo dolore e quello dei suoi famigliari. Ripete più volte la parola «tortura».

 

Lettera ai presidenti di Camera e Sentao

Carissimi,
mi chiamo Michele Gesualdi, qualcuno di voi probabilmente ha sentito parlare di me perché sono stato presidente della Provincia di Firenze per due legislature e allo scadere dei mandati sono stato sostituito da Matteo Renzi. Oggi vi scrivo per implorarvi di accelerare l’approvazione della legge sul testamento biologico, con la dichiarazione anticipata di volontà del malato, perché da tre anni sono stato colpito dalla malattia degenerativa Sla e alcuni sintomi mi dicono che il passaggio al mondo sconosciuto potrebbe non essere lontano. I medici mi hanno informato che in caso di grave crisi respiratoria può essere temporaneamente superata con tracheotomia come in caso di ulteriore difficoltà a deglutire si può ricorrere alla Peg (gastrotomia endoscopica percutanea). La Sla è una malattia spaventosa, al momento irreversibile e incurabile. Avanza, togliendoti giorno dopo giorno un pezzo di te stesso: i movimenti dei muscoli della lingua e della gola, che tolgono completamente la parola e la deglutizione, i muscoli per l’articolazione delle gambe e delle braccia, quelli per il movimento della testa, respiratori e tutti gli altri. Alla fine rimane un scheletro rigido come se fosse stato immerso in una colata di cemento. Solo il cervello si conserva lucidissimo insieme alle sue finestrelle, cioè gli occhi, che possono comunicare luce ed ombre, sofferenza, rammarico per gli errori fatti nella vita, gioia e riconoscenza per l’affetto e la cura di chi ti circonda. Se accettassi i due interventi invasivi mi ritroverei uno scheletro di gesso con due tubi, uno infilato in gola con attaccato un compressore d’aria per muovere i polmoni e uno nello stomaco attraverso il quale iniettare pappine alimentari. Per quanto mi riguarda in modo molto lucido ho deciso di rifiutare ogni inutile intervento invasivo ed ho scritto la mia decisione chiedendo a mia moglie di mostrarla ai medici affinché rispettino la mia volontà. Quando mia moglie e i miei figli mi hanno visto ridotto ad uno scheletro dovuto alla difficoltà di deglutire, mi hanno implorato di accettare almeno l’intervento allo stomaco per essere alimentato artificialmente, perché sarebbe stato un dono anche un solo giorno in più che restavo con loro. Questo mi ha messo in crisi e ho ceduto anche per sdebitarmi un po’ nei loro confronti. A cosa fatta, confermo tutti i motivi dei miei rifiuti, che consistono nel fatto che non sono interventi curativi, ma solo finalizzati a ritardare di qualche giorno, o qualche settimana, l’irreparabile, che per il malato significa solo allungare la sofferenza in modo penoso e senza speranza. Per i malati di Sla la morte è certa, e può essere atroce se giunge per soffocamento. C’è chi sostiene che rifiutare interventi invasivi sia una offesa a Dio che ci ha donato la vita. La vita è sicuramente il più prezioso dono che Dio ci ha fatto e deve essere sempre ben vissuta e mai sprecata. Però accettare il martirio del corpo della persona malata quando non c’è nessuna speranza né di guarigione né di miglioramento, può essere percepita come una sfida a Dio. Lui ti chiama con segnali chiarissimi e rispondiamo sfidandolo, come se si fosse più bravi di lui, martoriando il corpo della creatura che sta chiamando, pur sapendo che è un martirio senza sbocchi. Personalmente vivo questi interventi come se fosse una inutile tortura del condannato a morte prima dell’esecuzione. Come tutti i malati terminali negli ultimi cento metri del loro cammino, pregano molto il loro Dio, e talvolta sembra che il silenzio diventi voce e ti dica: «Hai ragione tu, le offese a me sono altre, tra queste le guerre e le ingiustizie sociali perpetrate a danno della umanità. Chi mi vuole bene può combatterle con concrete scelte politiche, sociali, sindacali, scolastiche e di solidarietà». Di fronte a queste parole rimane una grande serenità che ti toglie la voglia di piangere e urlare. Ti resta solo l’angoscia per le persone che ami e che ti amano. Quando mia moglie ha saputo che in caso di crisi respiratoria durante la notte non ha altra scelta che chiamare il 118 e che il medico di bordo o quelli del pronto soccorso possono rifiutarsi di rispettare la volontà del malato e procedere ad interventi invasivi, si è disperata e mi ha detto: «Se ti viene di notte una crisi forte non posso chiuderti in camera e assistere disperata in silenzio a vederti morire. Sarebbe per me un triplice dramma: tremendamente sola di fronte alla tragedia, non poter corrispondere a un tuo desiderio, anche se sofferto da me e dai figli, e l’immenso dolore di perderti». Per l’insieme di questi motivi sono a pregarvi di calarvi in simili drammi e contribuire ad alleviarli con l’accelerazione della legge sul testamento biologico. Non si tratta di favorire l’eutanasia, ma solo di lasciare libero l’interessato, lucido cosciente e consapevole, di essere giunto alla tappa finale, di scegliere di non essere inutilmente torturato e di levare dall’angoscia i suoi familiari, che non desiderano sia tradita la volontà del loro caro. La rapida approvazione della legge sarebbe un atto di rispetto e di civiltà che non impone ma aiuta e non lascia sole tante persone e le loro famiglie.
Michele Gesualdi

Lettera in risposta a Gian Luigi Gigli (Movimento per la Vita)

Gentile direttore,
ho letto con rammarico la posizione di Gian Luigi Gigli (presidente del Movimento per la Vita, ndr) rispetto alla mia lettera inviata a tutti i gruppi parlamentari di Camera e Senato e ai presidenti di quelle Assemblee legislative per implorare l’approvazione della legge sul fine vita. E vorrei replicargli.
«Caro Gigli, sento nelle premesse e nel tono la voglia di sporcare di polemica un grido di dolore e di dignità affinché la politica svolga il suo compito con il coraggio di scegliere. Senza ideologie ma nella consapevolezza, come afferma papa Francesco nella Evangelii gaudium, che “la realtà è superiore all’idea” ed è alla realtà che bisogna guardare ispirati dal valore alto della dignità della persona umana nella sua integrità. Per questo ho implorato i gruppi parlamentari di approvare una legge con la quale si rispetti la volontà del malato colpito da patologia degenerativa senza speranza di guarigione e con la quale non essere torturato con interventi invasivi. Mi risponde parlando di amarezza, di strumentalizzazioni e addirittura del male che il mio appello potrebbe fare ad altri malati. Le sue considerazioni sulla Sla le conoscevo già, naturalmente, e le utilizza solo per dirmi che non vuole una legge. I diritti dei malati e le loro sofferenze reali passano in secondo piano. Sta qui la differenza. Io vorrei una legge a favore di chi soffre e che dia certezze anche ai loro cari, oltre ogni ideologia, lei, caro Gigli, probabilmente “spera di dare una spallata a un iter legislativo messo in forse dall’imminente chiusura della legislazione” e che vada nel dimenticatoio.
Nella mia lettera pongo il caso in cui dovessi essere colpito di notte da crisi respiratoria e il 118 mi porti al pronto soccorso e magari vi giunga in stato di incoscienza: il medico di turno, per non avere noie con l’attuale legge che gli impone comunque di trattare il paziente, può non ascoltare i familiari e rispettare la mia volontà e praticarmi la tracheotomia. La sua risposta è un’opinione, non una certezza. Lo dimostra la posizione di altri medici, che da cattedre prestigiose come la sua sostengono pubblicamente che una legge chiara solleverebbe e aiuterebbe anche loro. Poi mi cita don Lorenzo e il mio essere cattolico quasi per dirmi che i cattolici non devono parlare di queste cose e che la mia lettera può far addirittura del male. Don Lorenzo è stato un sacerdote che ha scelto senza mezzi termini di stare con la Chiesa dei poveri e ha speso la sua vita per dar loro dignità religiosa e sociale attraverso la scuola. Col coraggio di parlare sempre chiaro al mondo cattolico e ai superiori della sua Chiesa fiorentina, mentre non capito è stato mandato in esilio a Barbiana per farlo tacere. Lui ha sempre ubbidito perché aveva scelto la Chiesa per i suoi sacramenti che valevano molto di più delle sue idee. Ma questo non gli ha impedito di parlare sempre chiaramente. Lo ha rivalutato papa Francesco e sono tra quelli che considero il suo papato un gran dono che Dio ha fatto alla Chiesa e all’umanità intera.
Anch’io ho cercato di camminare, per tutta la mia vita, nei binari dei grandi valori cattolici e tra questi c’è la difesa del dono della vita, quindi non mi troverà mai a sostenere o praticare l’eutanasia. Ma nei confronti di quelle creature che non sono sorrette da tali valori e fanno questa drammatica e traumatizzante scelta per accorciare la loro sofferenza dissento con doloroso silenzio perché penso che tra i comportamenti del buon cristiano ci sia quello di mettersi nei panni dell’altro.
Caro Gigli, il male purifica e fa divenire macigni ancora più pesanti le parole del Padre Nostro per la buona condizione della vita : «Rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori… Dacci oggi il nostro pane quotidiano… Liberaci dal male». Siamo inoltre a interrogarci continuamente per capire cosa Dio vuole da noi coi segnali che ci dà. A me ha tolto la parola e mi ha spinto a prendere la penna in mano per continuare a testimoniare ai ragazzi di oggi le scelte coraggiose di don Lorenzo raccontando la sua esperienza. E oggi trovandomi nel dolore dei malati terminali e in quello dei propri cari ho interpretato che dovessi impegnarmi a sollecitare il Parlamento ad approvare rapidamente una giusta ed equa legge sul fine vita. Una legge che conceda dignità di essere umano a me e ai tanti malati, e alle loro famiglie che vivono in solitudine il loro dramma».
Michele Gesualdi