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  • Michele, noi di I CARE siamo tutti con te
    Pubblichiamo le lettere che l’amico Michele Gesualdi, già allievo di don Lorenzo Milani e presidente della Provincia di Firenze, nonché presidente della Fondazione don Milani, ha indirizzato dapprima ai presidenti di Camera e Senato e, poi, in risposta a Michele Gigli presidente del “Movimento per la Vita” sulle pagine del quotidiano cattolico “Avvenire”. Pensiamo che il pensiero di Michele, riguardo alla legge sul fine vita, possa essere condiviso da molti di noi, cattolici e non.

    Da tre anni la Sclerosi laterale amiotrofica lo consuma, lo «tortura», lo ha trasformato «in un scheletro rigido come se fosse stato immerso in una colata di cemento». Ma la sua mente, i suoi occhi, sono sempre gli stessi. Così, Michele Gesualdi, ha deciso di scrivere ai presidenti della Camera e del Senato, Laura Boldrini e Piero Grasso, e a tutti i presidenti dei gruppi parlamentari, per implorarli ad accelerare l’approvazione della legge sul testamento biologico. Due volte presidente della Provincia di Firenze, storico sindacalista Cisl, Gesualdi è stato uno dei primi sei allievi della scuola di don Milani, a Barbiana. Fu il prediletto di Don Lorenzo, ancora oggi presidente della Fondazione che ne porta testimonianza. «Mio babbo è un cattolico di ferro — spiega la figlia Sandra — aveva scritto la lettera da mesi ma non l’aveva voluta spedire perché aveva paura di creare compassione e soprattutto paura di essere strumentalizzato. Per lui volontà e dignità della persona devono essere al centro di tutto. Ma la sua lettera non è nel modo più assoluto un’apertura all’eutanasia». Michele Gesualdi, nella lettera, racconta il suo dolore e quello dei suoi famigliari. Ripete più volte la parola «tortura».

     

    Lettera ai presidenti di Camera e Sentao

    Carissimi,
    mi chiamo Michele Gesualdi, qualcuno di voi probabilmente ha sentito parlare di me perché sono stato presidente della Provincia di Firenze per due legislature e allo scadere dei mandati sono stato sostituito da Matteo Renzi. Oggi vi scrivo per implorarvi di accelerare l’approvazione della legge sul testamento biologico, con la dichiarazione anticipata di volontà del malato, perché da tre anni sono stato colpito dalla malattia degenerativa Sla e alcuni sintomi mi dicono che il passaggio al mondo sconosciuto potrebbe non essere lontano. I medici mi hanno informato che in caso di grave crisi respiratoria può essere temporaneamente superata con tracheotomia come in caso di ulteriore difficoltà a deglutire si può ricorrere alla Peg (gastrotomia endoscopica percutanea). La Sla è una malattia spaventosa, al momento irreversibile e incurabile. Avanza, togliendoti giorno dopo giorno un pezzo di te stesso: i movimenti dei muscoli della lingua e della gola, che tolgono completamente la parola e la deglutizione, i muscoli per l’articolazione delle gambe e delle braccia, quelli per il movimento della testa, respiratori e tutti gli altri. Alla fine rimane un scheletro rigido come se fosse stato immerso in una colata di cemento. Solo il cervello si conserva lucidissimo insieme alle sue finestrelle, cioè gli occhi, che possono comunicare luce ed ombre, sofferenza, rammarico per gli errori fatti nella vita, gioia e riconoscenza per l’affetto e la cura di chi ti circonda. Se accettassi i due interventi invasivi mi ritroverei uno scheletro di gesso con due tubi, uno infilato in gola con attaccato un compressore d’aria per muovere i polmoni e uno nello stomaco attraverso il quale iniettare pappine alimentari. Per quanto mi riguarda in modo molto lucido ho deciso di rifiutare ogni inutile intervento invasivo ed ho scritto la mia decisione chiedendo a mia moglie di mostrarla ai medici affinché rispettino la mia volontà. Quando mia moglie e i miei figli mi hanno visto ridotto ad uno scheletro dovuto alla difficoltà di deglutire, mi hanno implorato di accettare almeno l’intervento allo stomaco per essere alimentato artificialmente, perché sarebbe stato un dono anche un solo giorno in più che restavo con loro. Questo mi ha messo in crisi e ho ceduto anche per sdebitarmi un po’ nei loro confronti. A cosa fatta, confermo tutti i motivi dei miei rifiuti, che consistono nel fatto che non sono interventi curativi, ma solo finalizzati a ritardare di qualche giorno, o qualche settimana, l’irreparabile, che per il malato significa solo allungare la sofferenza in modo penoso e senza speranza. Per i malati di Sla la morte è certa, e può essere atroce se giunge per soffocamento. C’è chi sostiene che rifiutare interventi invasivi sia una offesa a Dio che ci ha donato la vita. La vita è sicuramente il più prezioso dono che Dio ci ha fatto e deve essere sempre ben vissuta e mai sprecata. Però accettare il martirio del corpo della persona malata quando non c’è nessuna speranza né di guarigione né di miglioramento, può essere percepita come una sfida a Dio. Lui ti chiama con segnali chiarissimi e rispondiamo sfidandolo, come se si fosse più bravi di lui, martoriando il corpo della creatura che sta chiamando, pur sapendo che è un martirio senza sbocchi. Personalmente vivo questi interventi come se fosse una inutile tortura del condannato a morte prima dell’esecuzione. Come tutti i malati terminali negli ultimi cento metri del loro cammino, pregano molto il loro Dio, e talvolta sembra che il silenzio diventi voce e ti dica: «Hai ragione tu, le offese a me sono altre, tra queste le guerre e le ingiustizie sociali perpetrate a danno della umanità. Chi mi vuole bene può combatterle con concrete scelte politiche, sociali, sindacali, scolastiche e di solidarietà». Di fronte a queste parole rimane una grande serenità che ti toglie la voglia di piangere e urlare. Ti resta solo l’angoscia per le persone che ami e che ti amano. Quando mia moglie ha saputo che in caso di crisi respiratoria durante la notte non ha altra scelta che chiamare il 118 e che il medico di bordo o quelli del pronto soccorso possono rifiutarsi di rispettare la volontà del malato e procedere ad interventi invasivi, si è disperata e mi ha detto: «Se ti viene di notte una crisi forte non posso chiuderti in camera e assistere disperata in silenzio a vederti morire. Sarebbe per me un triplice dramma: tremendamente sola di fronte alla tragedia, non poter corrispondere a un tuo desiderio, anche se sofferto da me e dai figli, e l’immenso dolore di perderti». Per l’insieme di questi motivi sono a pregarvi di calarvi in simili drammi e contribuire ad alleviarli con l’accelerazione della legge sul testamento biologico. Non si tratta di favorire l’eutanasia, ma solo di lasciare libero l’interessato, lucido cosciente e consapevole, di essere giunto alla tappa finale, di scegliere di non essere inutilmente torturato e di levare dall’angoscia i suoi familiari, che non desiderano sia tradita la volontà del loro caro. La rapida approvazione della legge sarebbe un atto di rispetto e di civiltà che non impone ma aiuta e non lascia sole tante persone e le loro famiglie.
    Michele Gesualdi

    Lettera in risposta a Gian Luigi Gigli (Movimento per la Vita)

    Gentile direttore,
    ho letto con rammarico la posizione di Gian Luigi Gigli (presidente del Movimento per la Vita, ndr) rispetto alla mia lettera inviata a tutti i gruppi parlamentari di Camera e Senato e ai presidenti di quelle Assemblee legislative per implorare l’approvazione della legge sul fine vita. E vorrei replicargli.
    «Caro Gigli, sento nelle premesse e nel tono la voglia di sporcare di polemica un grido di dolore e di dignità affinché la politica svolga il suo compito con il coraggio di scegliere. Senza ideologie ma nella consapevolezza, come afferma papa Francesco nella Evangelii gaudium, che “la realtà è superiore all’idea” ed è alla realtà che bisogna guardare ispirati dal valore alto della dignità della persona umana nella sua integrità. Per questo ho implorato i gruppi parlamentari di approvare una legge con la quale si rispetti la volontà del malato colpito da patologia degenerativa senza speranza di guarigione e con la quale non essere torturato con interventi invasivi. Mi risponde parlando di amarezza, di strumentalizzazioni e addirittura del male che il mio appello potrebbe fare ad altri malati. Le sue considerazioni sulla Sla le conoscevo già, naturalmente, e le utilizza solo per dirmi che non vuole una legge. I diritti dei malati e le loro sofferenze reali passano in secondo piano. Sta qui la differenza. Io vorrei una legge a favore di chi soffre e che dia certezze anche ai loro cari, oltre ogni ideologia, lei, caro Gigli, probabilmente “spera di dare una spallata a un iter legislativo messo in forse dall’imminente chiusura della legislazione” e che vada nel dimenticatoio.
    Nella mia lettera pongo il caso in cui dovessi essere colpito di notte da crisi respiratoria e il 118 mi porti al pronto soccorso e magari vi giunga in stato di incoscienza: il medico di turno, per non avere noie con l’attuale legge che gli impone comunque di trattare il paziente, può non ascoltare i familiari e rispettare la mia volontà e praticarmi la tracheotomia. La sua risposta è un’opinione, non una certezza. Lo dimostra la posizione di altri medici, che da cattedre prestigiose come la sua sostengono pubblicamente che una legge chiara solleverebbe e aiuterebbe anche loro. Poi mi cita don Lorenzo e il mio essere cattolico quasi per dirmi che i cattolici non devono parlare di queste cose e che la mia lettera può far addirittura del male. Don Lorenzo è stato un sacerdote che ha scelto senza mezzi termini di stare con la Chiesa dei poveri e ha speso la sua vita per dar loro dignità religiosa e sociale attraverso la scuola. Col coraggio di parlare sempre chiaro al mondo cattolico e ai superiori della sua Chiesa fiorentina, mentre non capito è stato mandato in esilio a Barbiana per farlo tacere. Lui ha sempre ubbidito perché aveva scelto la Chiesa per i suoi sacramenti che valevano molto di più delle sue idee. Ma questo non gli ha impedito di parlare sempre chiaramente. Lo ha rivalutato papa Francesco e sono tra quelli che considero il suo papato un gran dono che Dio ha fatto alla Chiesa e all’umanità intera.
    Anch’io ho cercato di camminare, per tutta la mia vita, nei binari dei grandi valori cattolici e tra questi c’è la difesa del dono della vita, quindi non mi troverà mai a sostenere o praticare l’eutanasia. Ma nei confronti di quelle creature che non sono sorrette da tali valori e fanno questa drammatica e traumatizzante scelta per accorciare la loro sofferenza dissento con doloroso silenzio perché penso che tra i comportamenti del buon cristiano ci sia quello di mettersi nei panni dell’altro.
    Caro Gigli, il male purifica e fa divenire macigni ancora più pesanti le parole del Padre Nostro per la buona condizione della vita : «Rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori… Dacci oggi il nostro pane quotidiano… Liberaci dal male». Siamo inoltre a interrogarci continuamente per capire cosa Dio vuole da noi coi segnali che ci dà. A me ha tolto la parola e mi ha spinto a prendere la penna in mano per continuare a testimoniare ai ragazzi di oggi le scelte coraggiose di don Lorenzo raccontando la sua esperienza. E oggi trovandomi nel dolore dei malati terminali e in quello dei propri cari ho interpretato che dovessi impegnarmi a sollecitare il Parlamento ad approvare rapidamente una giusta ed equa legge sul fine vita. Una legge che conceda dignità di essere umano a me e ai tanti malati, e alle loro famiglie che vivono in solitudine il loro dramma».
    Michele Gesualdi

  • “Accogliere i migranti a braccia aperte”. Ecco l’imperativo morale di Papa Francesco

    Impossibile ormai stare al passo con Papa Francesco sul tema migranti. Se infatti qualche tempo fa, le parole del pontefice a favore dell’accoglienza potevano fare scalpore e suscitare la reazione dei media, oggi ormai l’atteggiamento misericordioso e caritativo di Bergoglio nei riguardi dei migranti è una costante del suo pontificato (e suscita purtroppo ancora mal di pancia a qualche cattolico “lumbard”).

    Vogliamo quindi celebrare la fratellanza tra il Papa e i migranti, non con le parole (se ne sono già dette tante), ma con una piccola fotogallery (Bologna, 1 ottobre 2017), che speriamo susciti in noi una sana voglia di emulazione. L’incontro con i fratelli di tutto il mondo non può che passare attraverso il dialogo.

    Per approfondire:

    http://www.lastampa.it/2017/09/27/vaticaninsider/ita/vaticano/il-papa-accogliamo-gli-immigrati-a-braccia-aperte-e5kYvUUD9oyAF3c2WL816H/pagina.html

  • Servono tutori per minori non accompagnati. Vuoi fare una buona azione?

    E’ stato pubblicato il 19 luglio scorso sul Bollettino ufficiale di Regione Lombardia (Burl) l’Avviso aperto ad evidenza pubblica per la selezione, la formazione e l’iscrizione negli elenchi dei tutori volontari per i minori stranieri non accompagnati della Lombardia come previsto dalla legge del 7 aprile 2017.

    La procedura è finalizzata al reclutamento di volontari che si candidano a esercitare gratuitamente la responsabilità genitoriale per i minori già presenti o in ingresso sul territorio nazionale. Si tratta, come specificato nel bando, di cittadini che dovranno non solo farsi carico della rappresentanza giuridica ma promuovere anche una sorta di “genitorialità sociale” e di cittadinanza attiva, vigilare sul benessere psico-fisico del tutelato, amministrare l’eventuale patrimonio, seguire percorsi formativi, scolastici ma anche di ricongiungimento famigliare dei minori non accompagnati. Possono candidarsi (non è fissato un termine per la presentazione delle domande) i cittadini che abbiamo compiuto il 25° anno di età. I candidati dovranno sostenere un colloquio di idoneità.

    Ad oggi, nonostante il clima pesante che condiziona qualsiasi iniziativa a favore dei migranti, pare che vi sia stata una pronta risposta da parte di numerose famiglie italiane.

    Per approfondire

    https://www.avvenire.it/attualita/pagine/un-tutore-per-i-ragazzi-che-arrivano-da-soli

  • Facebook è morto, oggi c’è Fakebook

    Tempi duri per i migranti. Le ultime settimane hanno visto un’inaudita recrudescenza dei moti di insofferenza e violenza nei confronti dei migranti. Non c’è verso di far capire alla gente come viviamo in una grande (ir)realtà virtuale dell’informazione, dove le fake news spopolano proprio perché i media stessi sono falsi. Da Facebook a Fakebook. La lotta, per una corretta informazione, diventa sempre più dura e impari. Ma non dobbiamo mollare, perché comunque vada, vincitori e vinti saremo tutti travolti da questo flusso di esseri umani (assolutamente da vedere il documentario “Human Flow” del genio cinese Ai Weiwei). In realtà è una “Human flood”, un’alluvione che è solo all’inizio, e non si fermerà certo coi muri e coi cannoni.

    Bisogna vaccinarsi, altrimenti si diventa dei mutanti senza accorgersene. Bisogna leggere notizie etiche, cioè vere. Vogliamo aiutarvi consigliandovi la lettura di due articoli importanti sui migranti pubblicati dal quotidiano cattolico “Avvenire” in questi giorni.

    https://www.avvenire.it/opinioni/pagine/aiutiamoli-a-iniziare-da-casa-nostra

    https://www.avvenire.it/attualita/Pagine/camera-presidente-boldrini-campagne-odio-disinformazione-sui-migranti


  • Cent’anni fa “L’inutile strage” di papa Benedetto XV
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    Cento anni fa, un modo nuovo di intendere la pace comparve sulla scena pubblica del mondo contemporaneo. E poche affermazioni tratte da documenti pontifici hanno avuto una così grande influenza storica come quella scritta da Benedetto XV il 1° agosto del 1917, quando, a tre anni dallo scoppio della prima guerra mondiale, si appellò ai «capi dei popoli belligeranti» per fermare un conflitto sanguinoso che «ogni giorno più» appariva «come un’inutile strage». Oggi ricordiamo quel documento, e in particolare quelle parole, come una delle poche luci di intelligenza, di umanità e di realismo politico uscite nei quattro di guerra”.

    Benedetto XV condanna inequivocabilmente la guerra

    In quella lettera, che evocava il «suicidio» dell’Europa in cui «una follia universale» stava producendo una orribile carneficina, il Papa chiedeva in modo nettissimo una «pace giusta e duratura» che potesse affermarsi grazie ai più importanti strumenti diplomatici del tempo: la richiesta di un arbitrato internazionale, la reciproca restituzione di alcuni territori e la necessità impellente di un disarmo. Di fatto, Benedetto XV chiedeva di sottomettere la «forza materiale delle armi» alla «forza morale del diritto».
    Per saperne di più:
  • Uno scrittore contro la violenza che spopola nel web

    mascheraWeb

    Il web -anche questo lo sosteniamo da tempo- scatena gli istinti peggiori. Soprattutto i social dove ognuno, protetto dall’anonimato (o quasi) può dare la stura alla più bassa volgarità accompagnandola, spesso, con insulti e violenza. Insomma, i social sono la maschera che ciascuno di noi può indossare a costo zero e sentirsi onnipotente. Lo aveva detto Umberto Eco nel 2015, ricevendo la laurea honoris causa in Comunicazione e Media all’Università di Torino: “I social permettono alle persone di restare in contatto tra loro, ma danno anche diritto di parola a legioni di imbecilli che prima parlavano al bar dopo un bicchiere di vino e ora hanno lo stesso diritto di parola dei Premi Nobel”.

    C’è chi però va controcorrente e, senza aver paura di sembrare un Don Chisciotte che lotta -inutilmente- contro i mulini a vento, affronta da par suo gli hater (così sono chiamati i violenti) del web. Si chiama Paolo Di Paolo, è uno scrittore e quotidianamente, cerca di dialogare con gli intolleranti che inondano di provocazioni i social. Andatevi a leggere il suo racconto, davvero molto interessante.

    http://www.repubblica.it/politica/2017/07/21/news/i_razzisti_del_web_il_mio_dialogo_con_gli_intolleranti-171286862/

  • I migranti (regolari) servono a far crescere il PIL

    Vi ricordate l’incontro organizzato nel dicembre 2015 dalla nostra associazione dal titolo “Gli immigrati fanno crescere il PIL”? Ebbene, la nostra non era una facile boutade, ma un’affermazione sostenuta dai dati che già all’epoca erano positivi riguardo al contributo che i “non-italiani” (purtroppo, diciamo noi) danno alla crescita economica del nostro Paese. Già allora i dati delle Camere di commercio in Lombardia registravano, per la prima volta, il sorpasso delle imprese “straniere” su quelle “italiane”. Nel senso che i titolari della maggioranza delle imprese lombarde con partita IVA sono in realtà immigrati.

    ManifestoRifugiati-A4-14dic2015

    In questi giorni c’è stata anche la clamorosa, e ulteriore, conferma da parte del presidente dell’Inps Tito Boeri: degli immigrati regolari non possiamo fare a meno. Fino ad ora «ci hanno “regalato” circa un punto di Pil di contributi sociali». Davanti alla Commissione d’inchiesta sui migranti della Camera, Boeri torna a ribadire come il supporto del flusso migratorio regolare sia insostituibile: «Nonostante oggi l’attenzione sia concentrata sugli sbarchi crediamo sia importante dare conto dell’aiuto che può dare l’inserimento degli stranieri nel nostro mercato del lavoro». Ammonta a 8 miliardi il valore dei contributi sociali versati ogni anno dagli stranieri che vivono e lavorano nel nostro Paese. In cambio ne ricevono tre – in termini di pensioni e altre prestazioni sociali – con un saldo netto di circa 5 miliardi.

    I migranti non ci rubano il lavoro, ma sono un guadagno (per noi)

    Riconoscere questa evidenza non significa però alimentare il falso mito dei migranti “ladri di lavoro”. Per Boeri sembra difficile «ipotizzare che la fuga dei giovani dall’Italia possa essere dovuta alla competizione sul mercato del lavoro con gli immigrati». Tant’è vero che «i lavoratori regolarizzati con le sanatorie non hanno sottratto opportunità ai loro colleghi». L’effetto è dunque molto piccolo e riguarda unicamente i lavoratori con qualifiche basse. Non ci sono invece effetti per i lavoratori più qualificati, né in termini di opportunità di impiego né di salario». Senza contare che «esiste un gap salariale di circa il 15% a svantaggio degli immigrati».
    Per il momento, quindi, gli immigrati rappresentano un guadagno, non una perdita e contribuiscono a migliorare il saldo naturale (negativo) della popolazione italiana. Bisogna poi aggiungere che il loro sostegno al sistema previdenziale rimarrebbe fondamentale «anche nel caso venissero introdotte delle politiche efficaci per l’aumento del tasso di fecondità delle donne italiane». E comunque, è l’opinione di Boeri, pur tornando al tasso di natalità del periodo del baby boom, ci vorrebbero vent’anni prima che questo si traduca in incrementi della platea dei contribuenti.

    I migranti vanno regolarizzati, altrimenti cresce il lavoro nero

    Se a questo si aggiunge l’impossibilità di convertire il permesso per richiesta di asilo politico in permesso di soggiorno per motivi di lavoro, il risultato è l’aumento del numero di immigrati che lavorano in nero. I numeri dell’Inps non bastano, però, a convincere Salvini: «Gli immigrati ci pagano le pensioni. Fanno i lavori che gli italiani non vogliono più fare. Servono più immigrati. Tito Boeri vive su Marte», reagisce indignato il leader del Carroccio. Altri politici la pensano diversamente: «È un’opportunità che va rafforzata, pensando anche ad una loro regolarizzazione per motivi di lavoro. Senza queste possibilità il nostro Paese sarebbe condannato a subire i costi fissi della gestione dei flussi senza godere dei benefici».

  • Grazie Papa Francesco!

    Grandissimo merito va a questa visita di Papa Francesco a Barbiana. Soprattutto per il suo significato più evidente: aver accolto a pieno titolo in seno alla chiesa, come profeta e santo, don Lorenzo Milani. Sappiamo quante volte -dagli anni Cinquanta ad oggi- la sua figura e il suo pensiero siano stati fraintesi e travisati, nonostante don Lorenzo sia stato sempre, per sua precisa volontà, fedele servitore della Chiesa, dalla quale mai volle separarsi (nemmeno con il pensiero). Ci sono voluti cinquant’anni (e il gesto di un Papa che non finisce mai di stupirci), ma alla fine su don Lorenzo non grava più alcuna ombra di “eterodossia” e la lettura dei suoi scritti non può più dirsi “inopportuna”. Evviva!

    Ecco una piccola gallery fotografica di questa visita storica.

    "Ringrazio il Signore per averci dato sacerdoti come don Milani", è il pensiero scritto da papa Francesco sulla pagina quadrettata del libro degli ospiti di Barbiana (Firenze), 20 giugno 2017. ANSA/ OSSERVATORE ROMANO +++ HO - NO SALES, EDITORIAL USE ONLY +++
    “Ringrazio il Signore per averci dato sacerdoti come don Milani”, è il pensiero scritto da papa Francesco sulla pagina quadrettata del libro degli ospiti di Barbiana (Firenze), 20 giugno 2017.

    Pope Francis prays during a ceremony in Barbiana, near Florence, Italy, at the tomb of Don Lorenzo Milani, Tuesday, June 20, 2017. Pope Francis is making a pilgrimage to northern Italy to honor two 20th-century parish priests, Don Lorenzo Milani and Don Primo Mazzolari whose commitment to the poor and powerless brought them censure from the Vatican. ANSA/OSSERVATORE ROMANO PRESS OFFICE ++ NO SALES, EDITORIAL USE ONLY ++