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Cent’anni fa “L’inutile strage” di papa Benedetto XV

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Cento anni fa, un modo nuovo di intendere la pace comparve sulla scena pubblica del mondo contemporaneo. E poche affermazioni tratte da documenti pontifici hanno avuto una così grande influenza storica come quella scritta da Benedetto XV il 1° agosto del 1917, quando, a tre anni dallo scoppio della prima guerra mondiale, si appellò ai «capi dei popoli belligeranti» per fermare un conflitto sanguinoso che «ogni giorno più» appariva «come un’inutile strage». Oggi ricordiamo quel documento, e in particolare quelle parole, come una delle poche luci di intelligenza, di umanità e di realismo politico uscite nei quattro di guerra”.

Benedetto XV condanna inequivocabilmente la guerra

In quella lettera, che evocava il «suicidio» dell’Europa in cui «una follia universale» stava producendo una orribile carneficina, il Papa chiedeva in modo nettissimo una «pace giusta e duratura» che potesse affermarsi grazie ai più importanti strumenti diplomatici del tempo: la richiesta di un arbitrato internazionale, la reciproca restituzione di alcuni territori e la necessità impellente di un disarmo. Di fatto, Benedetto XV chiedeva di sottomettere la «forza materiale delle armi» alla «forza morale del diritto».
Per saperne di più:
http://www.news.va/it/news/controcorrente-la-lettera-ai-capi-dei-popoli-belli
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Uno scrittore contro la violenza che spopola nel web

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Il web -anche questo lo sosteniamo da tempo- scatena gli istinti peggiori. Soprattutto i social dove ognuno, protetto dall’anonimato (o quasi) può dare la stura alla più bassa volgarità accompagnandola, spesso, con insulti e violenza. Insomma, i social sono la maschera che ciascuno di noi può indossare a costo zero e sentirsi onnipotente. Lo aveva detto Umberto Eco nel 2015, ricevendo la laurea honoris causa in Comunicazione e Media all’Università di Torino: “I social permettono alle persone di restare in contatto tra loro, ma danno anche diritto di parola a legioni di imbecilli che prima parlavano al bar dopo un bicchiere di vino e ora hanno lo stesso diritto di parola dei Premi Nobel”.

C’è chi però va controcorrente e, senza aver paura di sembrare un Don Chisciotte che lotta -inutilmente- contro i mulini a vento, affronta da par suo gli hater (così sono chiamati i violenti) del web. Si chiama Paolo Di Paolo, è uno scrittore e quotidianamente, cerca di dialogare con gli intolleranti che inondano di provocazioni i social. Andatevi a leggere il suo racconto, davvero molto interessante.

http://www.repubblica.it/politica/2017/07/21/news/i_razzisti_del_web_il_mio_dialogo_con_gli_intolleranti-171286862/

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I migranti (regolari) servono a far crescere il PIL

Vi ricordate l’incontro organizzato nel dicembre 2015 dalla nostra associazione dal titolo “Gli immigrati fanno crescere il PIL”? Ebbene, la nostra non era una facile boutade, ma un’affermazione sostenuta dai dati che già all’epoca erano positivi riguardo al contributo che i “non-italiani” (purtroppo, diciamo noi) danno alla crescita economica del nostro Paese. Già allora i dati delle Camere di commercio in Lombardia registravano, per la prima volta, il sorpasso delle imprese “straniere” su quelle “italiane”. Nel senso che i titolari della maggioranza delle imprese lombarde con partita IVA sono in realtà immigrati.

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In questi giorni c’è stata anche la clamorosa, e ulteriore, conferma da parte del presidente dell’Inps Tito Boeri: degli immigrati regolari non possiamo fare a meno. Fino ad ora «ci hanno “regalato” circa un punto di Pil di contributi sociali». Davanti alla Commissione d’inchiesta sui migranti della Camera, Boeri torna a ribadire come il supporto del flusso migratorio regolare sia insostituibile: «Nonostante oggi l’attenzione sia concentrata sugli sbarchi crediamo sia importante dare conto dell’aiuto che può dare l’inserimento degli stranieri nel nostro mercato del lavoro». Ammonta a 8 miliardi il valore dei contributi sociali versati ogni anno dagli stranieri che vivono e lavorano nel nostro Paese. In cambio ne ricevono tre – in termini di pensioni e altre prestazioni sociali – con un saldo netto di circa 5 miliardi.

I migranti non ci rubano il lavoro, ma sono un guadagno (per noi)

Riconoscere questa evidenza non significa però alimentare il falso mito dei migranti “ladri di lavoro”. Per Boeri sembra difficile «ipotizzare che la fuga dei giovani dall’Italia possa essere dovuta alla competizione sul mercato del lavoro con gli immigrati». Tant’è vero che «i lavoratori regolarizzati con le sanatorie non hanno sottratto opportunità ai loro colleghi». L’effetto è dunque molto piccolo e riguarda unicamente i lavoratori con qualifiche basse. Non ci sono invece effetti per i lavoratori più qualificati, né in termini di opportunità di impiego né di salario». Senza contare che «esiste un gap salariale di circa il 15% a svantaggio degli immigrati».
Per il momento, quindi, gli immigrati rappresentano un guadagno, non una perdita e contribuiscono a migliorare il saldo naturale (negativo) della popolazione italiana. Bisogna poi aggiungere che il loro sostegno al sistema previdenziale rimarrebbe fondamentale «anche nel caso venissero introdotte delle politiche efficaci per l’aumento del tasso di fecondità delle donne italiane». E comunque, è l’opinione di Boeri, pur tornando al tasso di natalità del periodo del baby boom, ci vorrebbero vent’anni prima che questo si traduca in incrementi della platea dei contribuenti.

I migranti vanno regolarizzati, altrimenti cresce il lavoro nero

Se a questo si aggiunge l’impossibilità di convertire il permesso per richiesta di asilo politico in permesso di soggiorno per motivi di lavoro, il risultato è l’aumento del numero di immigrati che lavorano in nero. I numeri dell’Inps non bastano, però, a convincere Salvini: «Gli immigrati ci pagano le pensioni. Fanno i lavori che gli italiani non vogliono più fare. Servono più immigrati. Tito Boeri vive su Marte», reagisce indignato il leader del Carroccio. Altri politici la pensano diversamente: «È un’opportunità che va rafforzata, pensando anche ad una loro regolarizzazione per motivi di lavoro. Senza queste possibilità il nostro Paese sarebbe condannato a subire i costi fissi della gestione dei flussi senza godere dei benefici».

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Grazie Papa Francesco!

Grandissimo merito va a questa visita di Papa Francesco a Barbiana. Soprattutto per il suo significato più evidente: aver accolto a pieno titolo in seno alla chiesa, come profeta e santo, don Lorenzo Milani. Sappiamo quante volte -dagli anni Cinquanta ad oggi- la sua figura e il suo pensiero siano stati fraintesi e travisati, nonostante don Lorenzo sia stato sempre, per sua precisa volontà, fedele servitore della Chiesa, dalla quale mai volle separarsi (nemmeno con il pensiero). Ci sono voluti cinquant’anni (e il gesto di un Papa che non finisce mai di stupirci), ma alla fine su don Lorenzo non grava più alcuna ombra di “eterodossia” e la lettura dei suoi scritti non può più dirsi “inopportuna”. Evviva!

Ecco una piccola gallery fotografica di questa visita storica.

"Ringrazio il Signore per averci dato sacerdoti come don Milani", è il pensiero scritto da papa Francesco sulla pagina quadrettata del libro degli ospiti di Barbiana (Firenze), 20 giugno 2017. ANSA/ OSSERVATORE ROMANO +++ HO - NO SALES, EDITORIAL USE ONLY +++
“Ringrazio il Signore per averci dato sacerdoti come don Milani”, è il pensiero scritto da papa Francesco sulla pagina quadrettata del libro degli ospiti di Barbiana (Firenze), 20 giugno 2017.

Pope Francis prays during a ceremony in Barbiana, near Florence, Italy, at the tomb of Don Lorenzo Milani, Tuesday, June 20, 2017. Pope Francis is making a pilgrimage to northern Italy to honor two 20th-century parish priests, Don Lorenzo Milani and Don Primo Mazzolari whose commitment to the poor and powerless brought them censure from the Vatican. ANSA/OSSERVATORE ROMANO PRESS OFFICE ++ NO SALES, EDITORIAL USE ONLY ++

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Papa Francesco a Barbiana. Una visita storica

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In questo 2017 “milaniano” a tutti gli effetti (non solo per i cinquant’anni dalla morte di don Lorenzo e dalla pubblicazione di “Lettera a una professoressa”, ma anche per la pubblicazione dell’opera omnia del priore da parte di Mondadori nella prestigiosa collana Meridiani https://www.amazon.it/Tutte-opere-Lorenzo-Milani/dp/8804657464/ref=sr_1_fkmr0_1?s=books&ie=UTF8&qid=1497708076&sr=1-1-fkmr0&keywords=opere+don+milani), la visita di Papa Francesco a Barbiana martedì prossimo è il culmine di un processo di “celebrazione” del priore che, finalmente e a pieno titolo, può entrare a far parte dei “santi” e dei grandi educatori del ‘900.

Anche noi di “I CARE” non mancheremo di “celebrarlo” con lo spirito giusto (quello quindi di un’anti-celebrazione) e, soprattutto, non mancheremo di comunicarvelo.

Martedì 20 giugno 2017 papa Francesco si recherà in pellegrinaggio a Bozzolo (provincia di Mantova e diocesi di Cremona) e a Barbiana (provincia e diocesi di Firenze), per pregare sulle tombe di don Primo Mazzolari e di don Lorenzo Milani. La visita, in forma privata, toccherà prima Bozzolo, dove il Santo Padre sarà accolto dal vescovo di Cremona Antonio Napolioni, e poi Barbiana, dove sarà atteso dall’arcivescovo di Firenze, Giuseppe Betori. Per chi vuole si potrà seguire l’evento in diretta televisiva su TV2000.

Ecco il programma della visita (che si svolgerà in forma privata):

Ore 7.30 Decollo in elicottero dall’eliporto Vaticano

Ore 9.00 Atterraggio nel campo sportivo di Bozzolo (Mantova)Il Santo Padre è accolto da: – S.E. Mons. Antonio Napolioni, Vescovo di Cremona – Sindaco di Bozzolo. Parrocchia di San Pietro: preghiera sulla tomba di Don Primo Mazzolari (1890-1959). Il Santo Padre terrà un discorso commemorativo ai fedeli presenti in chiesa

Ore 10.30 Decollo dal campo sportivo di Bozzolo

Ore 11.15 Atterraggio nello spiazzo sottostante alla chiesa di Barbiana Il Santo Padre è accolto da: – Em.mo Card. Giuseppe Betori, Arcivescovo di Firenze – Sindaco di Vicchio (Firenze) Visita in privato nel Cimitero, e preghiera sulla tomba di Don Lorenzo Milani (1923-1967), in occasione del 50° anniversario della sua morte. Nella chiesa: incontro con i discepoli di don Milani ancora viventi e breve visita nella canonica. Nel giardino adiacente: il Santo Padre terrà un discorso commemorativo, alla presenza dei discepoli, di un gruppo di sacerdoti della Diocesi e di alcuni ragazzi ospiti di case-famiglia (in totale 200 persone circa).

Ore 12.30 Partenza da Barbiana

Ore 13.15 Rientro in Vaticano

Per chi volesse approfondire, consigliamo vivamente la lettura degli articoli pubblicati in questi giorni dal quotidiano “Avvenire”

https://www.avvenire.it/agora/pagine/don-milan-e2fcb305775747a8aa565436358be347

https://www.avvenire.it/agora/pagine/don-mazzolari

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Il Ministero dell’Istruzione ha “celebrato” la figura di don Milani

Roma, lunedì 5 giugno, una mattinata dedicata a Don Milani, alla sua figura e alla sua azione nel campo dell’educazione dei giovani, a cinquant’anni dalla sua scomparsa. “Insegnare a tutti” era l’obiettivo di Don Milani ed è anche il titolo dell’incontro che si è svolto alla sede del Miur (Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca), con esperti, testimoni e direttori di testate giornalistiche, alla presenza del ministro dell’Istruzione, Valeria Fedeli. “Avere una scuola aperta ed inclusiva era l’obiettivo di Don Milani ed è l’impegno del mio ministero. Aperta ed inclusiva significa anche capace di parlare a chi è più emarginato, a chi è a rischio dispersione. Dobbiamo parlare a tutte le ragazze e ai ragazzi, anche e soprattutto ai più deboli, gli strumenti per essere preparati ad affrontare il futuro – ha detto la ministra Valeria Fedeli – la figura di Don Milani e la sua lezione sono ancora oggi uno straordinario strumento per educatrici ed educatori”. 

Don-Milani e i ragazzi

Don Lorenzo, modello per formare le nuove generazioni

La manifestazione è stata pensata e voluta per la scuola e per i giovani. Il ministro ha inviato  nei giorni precedenti una circolare a tutti gli istituti per invitare docenti e studenti a rileggere l’opera di Don Milani. “Sono felice che il Ministero apra per la prima volta, con un’iniziativa di riflessione condivisa, le proprie porte a Don Milani, il sacerdote ribelle che nel secondo dopoguerra, mosso da un profondo senso di giustizia sociale, ha dedicato la sua breve vita a istruire le più deboli e i più deboli per garantire loro, attraverso l’uso consapevole della lingua, il rispetto della dignità umana”, ha spiegato la ministra dell’Istruzione, Valeria Fedeli, nel corso del suo intervento. “Con questa giornata vogliamo che il suo spirito di democrazia e il suo senso di giustizia animino il confronto e la discussione nelle sale di questo edificio in cui vengono prese decisioni che riguardano il presente e il futuro della nostra società attraverso l’educazione e la formazione delle nuove generazioni”.

“Sono trascorsi 50 anni dalla morte del priore di Barbiana e stiamo assistendo a un momento di riappropriazione ragionata e critica della sua figura – ha spiegato Fedeli – della sua testimonianza, della sua opera e della sua eredità: in più luoghi e in differenti occasioni ci stiamo immergendo nella parola di Don Milani, nella scrittura e nei testi di questo prete e maestro che tanto ha segnato la storia del sistema di istruzione del nostro Paese e soprattutto il dibattito sulla scuola, ponendo all’attenzione di tutte e tutti su nodi e problematiche non di poco conto.

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Cinquant’anni fa “Lettera a una professoressa”

Papa Francesco che è intervenuto nei mesi scorsi nel dibattito su Don Milani ha detto: “Mi piacerebbe che lo ricordassimo come un credente innamorato della Chiesa anche se ferito, ed educatore appassionato con una visione della scuola che mi sembra una risposta alla esigenza del cuore e dell’intelligenza dei nostri ragazzi e dei giovani”. Credo che sia un ritratto fedele, per nulla ossequioso o edulcorato. Don Lorenzo Milani era esattamente questo. Lo dicono i suoi scritti, le sue opere, coloro che sono entrati in contatto con lui e hanno vissuto l’esperienza della Scuola di Barbiana, alcuni dei quali presenti qui oggi (tra cui Adele Corradi, l’insegnante che affiancò don Milani alla scuola di Barbiana, ndr)”.

“Approfondiamo la sua figura, andiamo a fondo per essere “sue allieve e suoi allievi” a distanza. Costruiamo un sistema di istruzione che intercetti le ambizioni di futuro delle ragazze e dei ragazzi. Di qualsiasi ragazza o ragazzo. Senza lasciare indietro nessuno. Per costruire – ha concluso la Fedeli – una comunità aperta, inclusiva, equa”. (Agi)

Il ricordo del presidente Mattarella

“Ricordare nelle scuole, a cinquanta anni dalla scomparsa, la figura di don Lorenzo Milani, sacerdote lungimirante e pedagogo innovativo, è iniziativa importante e doverosa. È infatti all’educazione e alla promozione umana e culturale dei giovani che il priore di Barbiana ha dedicato la sua intera esistenza. Il suo metodo, incompreso e talvolta osteggiato da alcuni, ha precorso il concetto di comunità educativa, oggi alla base della scuola moderna”. È quanto afferma il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, in un messaggio inviato alla ministra dell’Istruzione, Valeria Fedeli, in occasione di un evento al Miur per ricordare la figura di don Milani. “Ma don Milani – sottolinea Mattarella – ha anche posto con forza la questione dell’uguaglianza tra cittadini e della rimozione delle barriere tra di loro. Suscitare tra gli studenti interesse per la figura di don Milani contribuisce alla crescita della coscienza civile delle nuove generazioni”.(ANSA).

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25 anni fa Falcone e Borsellino venivano uccisi dalla mafia. Non dimentichiamo!

A 25 anni dalle stragi di Capaci (23 maggio 1992) e di via D’Amelio (19 luglio) dove morirono, uccisi dalla mafia, Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, è doveroso ricordare. E portare all’attenzione dei nostri ragazzi, due servitori dello Stato in una regione dove lo Stato, spesso, era assente. Fu per quello che morirono: perché, secondo le parole stesse di Falcone, furono abbandonati dallo Stato. Con loro morirono ben 8 uomini delle scorte che li accompagnavano. Quei due giudici segnarono lo spartiacque della lotta alla mafia. Un punto da cui non si può prescindere e da cui non si può più tornare indietro. Se oggi l’Italia, e la Sicilia, sono meglio di allora, lo si deve anche a loro.

Celebrazioni si susseguono in questi giorni in tutta la Penisola per ricordarne la memoria. Anche a Monate, presso la sala don Luigi Ponti, martedì 23 maggio alle ore 21, il Comune insieme all’associazione “Agende rosse” organizza la serata “Non c’è libertà senza legalità” per commemorare Falcone e Borsellino.

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La curcuma della discordia e la saggezza di una mamma

curcuma

L’iniziativa dell’amministrazione comunale di Azzate (Va) ha suscitato un vespaio politico. In realtà era stata presentata alle famiglie con una circolare messa in cartella agli alunni della primaria. Martedì 28 marzo, alla mensa della scuola primaria, sarebbero stati serviti i piatti tipici della Nigeria, da assaporare tutti insieme: i bambini della scuola insieme con i quattro giovani rifugiati, ospitati da un anno in paese. Il menu prevedeva: riso Thai aromatizzato con curcuma, cosce di pollo al pomodoro, fagioli e patate in umido e frutta.

Reazioni scomposte

La notizia, giunta all’orecchio di Emanuele Monti, consigliere regionale di Lega Nord, ha scatenato un putiferio. “Al posto che dar da mangiare ai bambini la curcuma, o altra roba improbabile – ha tuonato il Monti – si dovrebbe magari pensare (…) maggiormente alla valorizzazione del patrimonio tradizionale, anche culinario, del nostro territorio. Anche perché così facendo sembra proprio che qualcuno voglia far passare il messaggio che siano i bambini italiani a doversi adattare agli usi di quelli stranieri e non il contrario. A ciò va aggiunto infine anche una questione più importante, che riguarda direttamente la salute dei bambini. Ci chiediamo infatti se questa iniziativa sia stata condivisa con l’Agenzia di tutela della salute di competenza, che mi risulta abbia non poca voce in capitolo su questo ambito; ma soprattutto sarebbe bene sapere chi provvederà a cucinare questi piatti, oltre che la provenienza degli ingredienti. Su questi ultimi punti ci riserviamo di effettuare tutti gli accertamenti e le verifiche del caso”. Pronta la replica del sindaco di Azzate Gianmario Bernasconi: “Finalmente in Regione la Lega s’è accorta dell’esistenza della scuola di Azzate. Sarebbe stato interessante fosse intervenuta anche quando i profughi hanno spazzato il cortile della scuola dalle foglie, per permettere ai bambini di tornare a giocare. Ma in quel caso nessuno ha trovato niente da dire. I quattro ragazzi nigeriani hanno fatto molto per il paese in questi mesi, senza clamore. Martedì sarò anch’io a mangiare con i bambini, come ho fatto spesso; l’ultima volta hanno servito pasta e fagioli. E’ un piatto abbastanza lombardo?”

Saggezza di mamma

Al di là delle sterili polemiche politiche leghiste, che vorrebbero tutelare le tradizioni “lumbard” sia culinarie che linguistiche (ma la scuola bosina di Varese non era clamorosamente fallita nel 2014 con un buco di 800mila euro?), riteniamo che la migliore risposta alla questione l’abbia data una mamma. Ecco qui di seguito il testo della sua lettera al direttore di Varese News: ”

“Caro direttore,
sono “in conflitto d’interessi” e quindi non scrivo un articolo ma una lettera al “mio” giornale. La vicenda di cui voglio parlare riguarda infatti la scuola che frequenta mia figlia e quindi nella questione sono implicata come mamma, prima che come giornalista.

Si tratta di una cosa di cui scrivono molti quotidiani stamattina, ovvero la decisione dell’amministrazione di Azzate di invitare alla mensa dei bambini della primaria i quattro profughi nigeriani ospitati da un anno in paese e con l’occasione servire piatti tipici della Nigeria (riso alla curcuma, pollo, verdura e frutta). L’iniziativa rientra in un progetto più ampio che si chiama “Sapori del mondo – Menù senza frontiere” e che fa parte dell’offerta formativa. Non è dettaglio di poco conto. Sì, perché dopo i piatti nigeriani arriveranno quelli di altre culture, ma è già scritto che per l’aringa in salamoia o per i rookworst, le polpettine per intenderci, non ci sarà alcuna sollevazione popolare.

Questa cosa dei Nigeriani seduti a tavola con i bambini, invece, alla Lega Nord proprio non va giù. Sui social in ventiquattro ore si è scatenato il delirio: “I profughi cucineranno in mensa, chissà poveri bambini come staranno male dopo aver mangiato il riso alla curcuma”, “fermiamo l’invasione anche a tavola: vengano qui e mangino loro le nostre grigliate”. E ancora “chissà le condizioni igieniche in cui mangeranno i poveri bambini di Azzate” e si è arrivati persino a” se mio figlio andasse in quella scuola io lo ritirerei”.

Ecco, mia figlia in quella scuola ci va. E ci andrà anche martedì quando serviranno riso alla curcuma che probabilmente assaggerà soltanto, conoscendo i suoi gusti alimentari. Ma si sa la vita è così: non tutto si può “digerire al primo colpo”. I piatti saranno preparati dai cuochi della cooperativa che ha vinto l’appalto mensa, non dai profughi: i quattro ragazzi nigeriani saranno nella sala dove mangiano i bambini e parleranno della loro cultura e del loro cibo, insieme ad una dietologa (credo lombarda doc ma glielo chiederò). Poi ognuno a casa propria, senza grandi sconvolgimenti, se non che nel tritacarne mediatico ci sono finiti i bambini e non per colpa dell’amministrazione di Azzate. Complimenti vivissimi.

Chiedo la stessa solerzia e la stessa inflessibilità quando arriveranno i rappresentanti della comunità olandese a mensa: alti e biondi certo, ma avranno fatto tutti i vaccini? E se le polpette fossero troppo speziate? Gli ingredienti da dove arrivano? Se poi a spiegare perché in Olanda si mangia il tal cibo ci fosse, che ne so, Ruud Gullit sarebbe ancora meglio immagino, e forse i papà, così scandalizzati dal cibo nigeriano, sarebbero in prima fila a farsi firmare l’autografo.

Temo che non ci sarà un gran ressa martedì prossimo alla mensa della scuola primaria. Pazienza, ci sarà più riso e più pollo per i bambini che avranno avuto il “coraggio” di sfidare l’uomo nero: un premio se lo meritano, no?”

Invito

Inoltre noi di I CARE vorremmo invitare il consigliere Monti al nostro “Cenaforum” (film + cena etnica) che tutti gli anni, d’estate, organizziamo con successo qui a Travedona Monate. Ovviamente per lui l’ingresso è gratuito!

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La preside “agricola” che rivoluziona la scuola

L’avventura della preside Maria De Biase ha inizio nell’istituto comprensivo Teodoro Gaza di San Giovanni a Piro – in Cilento – dove ha dato vita a una vera rivoluzione, un cambiamento che passa attraverso le tradizioni più antiche del territorio. La preside napoletana si è presentata alla scuola con progetti di educazione alla ruralità e con una “dichiarazione di guerra” alle merendine confezionate. Dopo il suo arrivo hanno cominciato a consolidarsi buone pratiche quotidiane: la creazione di orti sinergici, il compostaggio e l’arrivo di “Bidolio”, un contenitore per la raccolta di oli esausti dai quali viene poi prodotto il sapone.

Un gioco da bambini

Tutto diventa un gioco da bambini. Nella mensa scolastica gli alunni vengono riabituati ai sapori genuini e sono serviti solo i prodotti che la terra produce: il verde non fa storcere il naso e i bambini mangiano fave e piselli a pranzo, pane e marmellata a colazione, pane e olio per merenda. Si chiamano eco-colazione e eco-merenda senza piatti né bicchieri di carta o plastica, tutto è rigorosamente organizzato nel rispetto della filosofia “Rifiuti Zero”. Quanto di Barbiana c’è in questa scelta? Molto e, ne siamo certi, anche don Lorenzo ne sarebbe orgoglioso.

Una scelta anche economica

L’esperienza avviata qui è ormai matura, assimilata dai bambini e gestita con entusiasmo da docenti e genitori. La preside De Biase ha gettato i semi per il cambiamento anche in altre due scuole e il suo operato è stato riconosciuto e apprezzato anche da alcune amministrazioni locali: “le mie scelte sono dettate da precisi obiettivi educativi”, ha spiegato la preside ad Andrea Degl’Innocenti che l’ha intervistata nel novembre scorso, “ma portano anche notevoli risparmi economici che, soprattutto in tempi di crisi, non possono che aiutare nella gestione complessiva del bilancio”.

Se vuoi approfondire e vedere il video:

http://www.italiachecambia.org/2014/05/scuola-buone-pratiche-ruralita-cilento-preside-de-biase/

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Quei bravi ragazzi figli di una “buona” scuola

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La notizia è di questi giorni. Una bidella entra nelle classi di una scuola media del Nord Italia. Ha in mano una circolare del ministero che recita così: «A partire da oggi, con effetto immediato, gli alunni con entrambi o anche solo un genitore di origine non italiana seguiranno le lezioni in un’aula diversa rispetto a quella del resto della classe». Gli albanesi e i marocchini, e poi i cubani, i bielorussi, i romeni, i nigeriani, i peruviani e i filippini, increduli, si alzano per uscire. Soltanto i loro compagni italiani si ribellano, si mettono davanti alla porta, protestano, piangono, vogliono parlare con la preside, scrivere al ministro: «Sono come noi». Avevano appena studiato le leggi razziali del 1938. In realtà la circolare è falsa, è un test “psicologico” per vedere cosa sarebbe successo. Solo gli alunni “italiani” ne erano inconsapevoli. I compagni “stranieri” e le insegnanti si erano messi d’accordo. In molti “gridano” al miracolo: “Finalmente qualcosa di buono”. Certo, ma “pilotato” a fin di bene.

Formare le coscienze

Bella storia. Ma cosa sarebbe successo se quei ragazzi non avessero studiato le leggi razziali del 1938? Forse niente o forse… chissà. Questo per dire (e per dirla con don Milani) che “la scuola […] è l’arte delicata di condurre i ragazzi su un filo di rasoio: da un lato formare in loro il senso della legalità […], dall’altro la volontà di leggi migliori, cioè di senso politico […]”. Dobbiamo smetterla con il mito del buon selvaggio (e di una coscienza “buona di per sé”). A tutti noi, genitori e insegnanti, ci aspetta un compito difficilissimo: formare le coscienze di domani. E su come fare ci viene ancora in aiuto il Priore. “Non c’è scuola più grande che pagare di persona […] influire con la parola e con l’esempio […]. E quando è l’ora non c’è scuola più grande che pagare di persona un’obiezione di coscienza. Cioè violare la legge di cui si ha coscienza che è cattiva e accettare la pena che essa prevede“. (da Lettera ai giudici)

http://www.lastampa.it/2017/03/07/cultura/opinioni/buongiorno/qualcosa-di-buono-rU52Pki5elaC8ffCUZUztM/pagina.html